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2010 | 1 | 129-142

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„Zupełnie inny świat”. O obcości i swojskości w polskich przekładach powieści Mileny Agus, Marioliny Venezii i Melanii Mazzucco

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„A COMPLETELY DIFFERENT WORLD”. THE EXTRANEOUS AND THE FAMILIAR IN THE POLISH TRANSLATIONS OF NOVELS BY MILENA AGUS, MARIOLINA VENEZIA AND MELANIA MAZZUCCO

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Abstracts

EN
The article examines the reception of Polish translations of the most popular novels by Milena Agus, Mariolina Venezia and Melania Mazzucco – three young Italian writers whose books have been recently published in Poland. The study focuses on the notions of “extraneousness” and “familiarity”, present in the analyzed novels on the level of the original text and even amplified in the Polish translation. The narration seems to fluctuate between these two opposite ideas and the translator’s main task seems to be the ability to express in the target language every single nuance of “the extraneous” and “the familiar” in the same way as they were perceived and understood in the original text. The article is divided into two parts: the first one deals with the concept of extraneousness and familiarity analyzed only in the original texts. The second part investigates the questions of translation strategies chosen by Polish translators of the analyzed novels.
IT
Nel presente lavoro vengono presentate e descritte opere di tre giovani autrici italiane: Milena Agus, Mariolina Venezia e Melania Mazzucco. In particolare viene esaminata la fortuna delle tre scrittrici presso il pubblico letterario italiano e polacco e la presenza degli elementi „familiari” ed „estranei” nei loro romanzi (ben evidente già al livello del testo originale e in un certo modo moltiplicata nella traduzione). L’aspetto più interessante delle tre opere analizzate ("Vita" di Melania Mazzucco, "Mal di pietre" di Milena Agus e "Mille anni che sto qui" di Mariolina Venezia) è proprio la questione della familiarità ed estraneità: la narrazione sembra oscillare tra questi due poli opposti, trovando però alla fine un equilibrio assai interessante. Il gioco delle due estremità diventa ancora più complicato nella traduzione in un’altra lingua: cose ben „familiari” all’interno della cultura originale possono diventare molto esotiche per il lettore straniero. La missione fondamentale del traduttore è quindi quella di esprimere in un’altra lingua tutte le sfumature dell’esotico e del familiare – così com’erano percepibili nel testo originale. La prima parte dell’articolo si è concentrata sull’analisi del fenomeno della familiarità ed estraneità al livello del testo originale italiano. Nei romanzi di tutte e tre le autrici infatti un’attenzione particolare è rivolta al fascino del paesaggio noto e familiare: i dintorni di un piccolo paesino lucano, il piccolo universo del capoluogo sardo ed il mondo degli immigrati italiani che popolano il quartiere Little Italy a New York. Lo spazio ben conosciuto e sicuro del proprio paese o città viene contrastato con il mondo „esterno”: una realtà estranea, intimidatoria, ostile e potenzialmente pericolosa. In questa parte dell’articolo si parla anche del ruolo della lingua nel processo di adattamento alle nuove condizioni di vita, del familiarizzarsi con un nuovo ambiente prima sconosciuto. Sembra che sia proprio la lingua o il dialetto l’indice fondamentale dell’appartenenza ad un certo gruppo, anche se a volte accade proprio il contrario: la lingua diventa il modo di manifestare la propria indipendenza. La seconda parte dell’articolo è dedicata alle questioni che riguardano la traduzione dei romanzi delle tre autrici nella lingua polacca. Si inizia dalla segnalazione dei problemi più difficili da affrontare da parte di un traduttore: traduzione dei dialoghi in dialetto o in una lingua ibrida, propria dei neoimmigrati. Vengono anche descritte diverse strategie traduttive applicate dalle traduttrici polacche dei romanzi di Agus, Mazzucco e Venezia – soprattutto il fenomeno di spiegazioni o ulteriori chiarimenti aggiunti nel processo della traduzione e quindi assenti nel testo originale.

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Issue

1

Pages

129-142

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Contributors

  • Uniwersytet Wrocławski

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