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L’enciclica Spe salvi evoca i concetti fondamentali di fede e speranza che sono disseminati e permeano tutti i documenti del Concilio Vaticano II. La riflessione contenuta nell'enciclica dà infatti continuità al magistero conciliare e ravviva concetti ormai assimilati da teologia. L'insegnamento dell'enciclica ha reso decisamente più vicina l'escatologia. Anzitutto perché le ultime realtà proposte dalla dogmatica cattolica sono presentate e enfatizzate nella Spe salvi come realtà vissute nel presente. Poi perché queste realtà sono considerate nella loro dimensione comunitaria e sociale. In terzo luogo perché la portata teologica dei "novissimi" ci spinge all'impegno di vivere la vita eterna a partire dalla chiamata alla santità. È da questa chiamata che nasce l'impegno per la costruzione di un mondo e di una società nel momento presente nella speranza del Signore della vita piena. I cristiani cercano la futura "speranza escatologica". Questo motivo trova il proprio fondamento in Dio e nell'esperienza della speranza nella vita eterna; è un motivo che dà dignità alla persona umana, risponde agli enigmi della vita e della morte, perché solo Dio dà una risposta piena e certa alle grandi domande che l'essere umano si pone, e al suo destino. Tale esperienza ci apre alla vita eterna come "vita beata", la vita che è semplicemente vita, pura "felicità" (n. 11). Il concetto di vita eterna supera il dramma della morte e il suo significato per la condizione delle persone umane. La vita eterna è vissuta al di là della "temporaneità della quale siamo prigionieri"; può essere "il momento colmo di appagamento, in cui la totalità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità" (ibidem). Nel presentare in forma pastorale il giudizio, la giustizia che è speranza perché è anche grazia, in un linguaggio figurativo e persino metafisico, accogliamo l'insegnamento dell'enciclica con questa riflessione di vita: vivere i "novissimi", nelle condizioni e con i limiti del nostro tempo, implica il fondare la nostra fede che è speranza fondata sul mistero di Dio. Senza il Giudizio universale non si risponde veramente alla domanda di giustizia che sale da tutta la storia umana. Deve esistere una “riparazione che ristabilisce il diritto” (n. 43) verso cui orientare una speranza “la cui necessità si è resa evidente proprio negli sconvolgimenti degli ultimi secoli ” (ibidem). Attirano l’attenzione anche le domande dirette poste al mondo moderno e al fenomeno della cosiddetta post-modernità, in un momento storico in cui la modernità ha liberato la soggettività umana, al punto che stiamo vivendo un mutamento epocale fortemente segnato dall'assenza di principi basilari della convivenza umana e cristiana e di fondamenti per il sano esercizio della libertà come diritto inalienabile della persona umana.