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Il saggio illustra il ruolo della memoria nell’improvvisazione, considerata parola-chiave per il teatro dei comici italiani, soprattutto nei secoli XVI-XVIII. Basandosi su descrizioni di spettacoli all’italiana nonché su testi di vari autori legati alla realtà del teatro si può estrarne informazioni sulla vera natura dell’improvvisazione. Evaristo Gherardi putava sul ruolo dell’immaginazione, la quale in uno spettacolo dell’improvvisa contava più della memoria. Luigi Riccoboni, pur non essendo favorevole all’improvvisazione, ne sottolineava i lati positivi, tra cui la naturalezza della recitazione. Jean-Augustin-Julien Desboulmiers ammirava il carattere collettivo della tecnica, nonché la “naturalezza e verità” della recitazione con il loro impatto sulla struttura dello spettacolo. Infine il famoso attore della commedia dell’arte, Flaminio Scala dava una delle caratteristiche più riuscite della tecnica dell’improvvisazione, ricorrendo alla visione aristotelica dello spettacolo. Da tutte quelle osservazioni emerge un’idea dell’improvvisazione intesa come una peculiare tecnica che non fa a meno del testo e della memoria, ma che li sfrutta in un modo del tutto originale.