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Maria. Gebirah Messianica

100%
PL
Autor w swoim artykule zajmuje się rolą, jaką Maryja z Nazaretu, matka Mesjasza gebirah, odegrała w ekonomii zbawienia. Tytuł gebirah oznacza godność matki króla i szczególną siłę jej oddziaływania. Dlatego Księgi Królewskie, prawie zawsze, wymieniają imię matki króla we wstępie do opisu każdego władcy Judy z dynastii Dawidowej, z której narodził się Mesjasz. Godność gebirah była nadawana matce króla w chwili intronizacji jej syna. Matka króla otrzymywała prestiżowy tytuł gebirah (2Krl 5, 3, Jer 13, 18), ponieważ dała życie synowi (geber), który został królem (2Sam 23, 1). O matce Mesjasza wspominają trzy teksty biblijne, przedstawiając ważną postać kobiety matki (Rdz 3,15; Iz 7,14 i Mich 5, 2). Postać króla wraz z matką u jego boku jest prefigurą króla mesjańskiego Jezusa (2Sam 7, 10-17) i jego matki Maryi. Maryja, Matka Jezusa, uważana za personifikację mesjanistyczną całego ludu Izraela, staje się nową Córą Syjonu. Maryja jako gebirah mesjańska jest realnie Matką Kościoła.
EN
The author in his article deals with the role that Mary of Nazareth, the mother of Messiah Gebirah, played in the economy of salvation. The title Gebirah means the dignity of the king's mother and the special strength of its influence. Therefore, the Kings Books, almost always, mention the name of the king's mother in the introduction to the description of each Judah ruler from the Davidic dynasty from which the Messiah was born. The dignity of Gebirah was given to the king's mother at the time of her son's enthronement. The king's mother received the prestigious title of Gebirah (2 Kings 5: 3, Jer 13: 18), because she gave life to her son (geber), who became king (2 Sam 23: 1). They mention three Biblical texts about the mother of the Messiah, depicting an important figure of a mother's woman (Genesis 3:15, Jes 7:14 and Mich 5: 2). The figure of the king and his mother by his side is the prefiguration of the Messianic King Jesus (2 Sam 7: 10-17) and his mother Mary. Mary, the Mother of Jesus, considered to be a messianic personification of the entire people of Israel, becomes the new Daughter of Zion. Mary as the messianic Gebirah is actually the Mother of the Church.
DE
Der Autor bezieht sich in seinem Artikel auf die Rolle, welche Maria von Nazareth, die Mutter des Messias, Gebirah, in der Heilsökonomie gespielt hat. Der Titel Gebirah bezieht sich auf die Königsmutter und auf die besondere Stärke ihres Wirkens. Deswegen zählen die Bücher der Könige am Anfang der Erzählung des jeweiligen Herrschers aus der Dawidschen Dynastie von Juda – aus der der Messias geboren wurde – fast immer auch den Namen der jeweiligen Königsmutter auf. Der Würdentitel Gebirah wurde der Königsmutter im Augenblick der Thronbesteigung ihres Sohnes verliehen (2 Kön 5, 3, Jer 13, 18), da sie ihrem Sohn, der König geworden ist, das Leben (geber) geschenkt hat (2 Sam 23, 1). Über die Mutter des Messias sprechen drei biblische Texte, indem sie eine wichtige Gestalt einer Frau-Mutter erwähnen (Gen 3,15; Jes 7,14 i Mich 5, 2). Die Gestalt des Königs mit der Mutter an seiner Seite ist eine Präfiguration des messianischen Königs Jesus (2 Sam 7, 10-17) und seiner Mutter Maria. Maria, die Mutter Jesu, wird für die messianische Personifizierung des ganzen Volkes Israel gehalten, sie wird zur neuen Tochter Zion. Als die messianische Gebirah ist Maria auch eine reale Mutter der Kirche.
IT
Autor w swoim artykule zajmuje się rolą, jaką Maryja z Nazaretu, matka Mesjasza gebirah, odegrała w ekonomii zbawienia. Tytuł gebirah oznacza godność matki króla i szczególną siłę jej oddziaływania. Dlatego Księgi Królewskie, prawie zawsze, wymieniają imię matki króla we wstępie do opisu każdego władcy Judy z dynastii Dawidowej, z której narodził się Mesjasz. Godność gebirah była nadawana matce króla w chwili intronizacji jej syna. Matka króla otrzymywała prestiżowy tytuł gebirah (2Krl 5, 3, Jer 13, 18), ponieważ dała życie synowi (geber), który został królem (2Sam 23, 1). O matce Mesjasza wspominają trzy teksty biblijne, przedstawiając ważną postać kobiety matki (Rdz 3,15; Iz 7,14 i Mich 5, 2). Postać króla wraz z matką u jego boku jest prefigurą króla mesjańskiego Jezusa (2Sam 7, 10-17) i jego matki Maryi. Maryja, Matka Jezusa, uważana za personifikację mesjanistyczną całego ludu Izraela, staje się nową Córą Syjonu. Maryja jako gebirah mesjańska jest realnie Matką Kościoła.      
EN
The Holy Scriptures speak of God’s grace, which directs the saving work of the Creator for man. The Old Testament shows God’s grace combined with the experience of God’s benevolence for Israel, who never ceases to keep his word. God’s grace is made complete in Christ, who, through the paschal mystery, brought salvation to sinful man. In this way, there is a true rebirth that transforms the believer into a child of God and a temple of the Holy Spirit. It introduces him deeply into the life of Christ and makes him a sharer in the nature and life of God. The multiform grace of salvation takes the form of a gift that implies the ability of man to freely accept it. God gives grace, but it is effective when a person accepts it. In turn, accepting grace makes man more free and able to accept God’s plan for him in a more complete and deeper way. Leaving God’s grace to God does not mean politely surrendering to fate but allowing God to complete the work he has begun by calling us into existence and making us sharers in his Trinitarian life.
IT
La Sacra Scrittura parla della grazia di Dio che presiede il suo agire salvifico nei confronti degli uomini. La grazia ha avuto il suo annunzio nell’Antico Testamento, con l’esperienza dell’amore di benevolenza da parte di Dio nei confronti d’Israele che non viene mai meno alla parola data. Essa ha raggiunto la sua pienezza in Cristo, il quale con il suo mistero pasquale ha donato la salvezza all’uomo peccatore. Avviene così una vera rigenerazione, che trasforma il credente in figlio di Dio e in tempio dello Spirito Santo. Lo inserisce intimamente nella vita stessa di Cristo e lo rende partecipe della natura e della vita divina. La multiforme grazia della salvezza ha la forma del dono che presuppone una capacità di libera accoglienza da parte dell’uomo. Dio dona la grazia, ma essa diventa efficace solo? nel momento in cui l’uomo l’accoglie. L’accoglienza della grazia rende a sua volta l’uomo più libero e più capace di accogliere in modo sempre più pieno e profondo il progetto di Dio su di lui. Lasciar fare a Dio non significa infatti sottomettersi supinamente al fato, ma significa invece consentire a Dio di portare a compimento l’opera da lui iniziata col chiamarci all’esistenza e col renderci partecipi della sua vita trinitaria.
9
100%
The Biblical Annals
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1996
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vol. 43
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issue 1
69-79
PL
La rivelazione divina è il dialogo iniziato da Dio nella storia della salvezza. In questo particolare dialogo, oltre al posto riservato alla Parola di Dio, c’è anche lo spazio per la voce dell’uomo. In questo reciproco scambio di relazioni e di idee, un posto particolare occupano i Salmi che sviluppano i principali temi dell’Antico Testamento. Uno di essi è la teologia del „riposo” nel Salmo 95. Il vero riposo si realizza nel tempio, durante la celebrazione liturgica come pure nel giorno di sabato, quando ha il luogo l’incontro tra l’uomo e Dio. Il riposo cosí concepito, ci fa pregustare il cielo già qui sulla terra.
The Biblical Annals
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1997
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vol. 44
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issue 1
69-78
PL
Il profeta Zaccaria che profetizza dopo il ritorno degli esiliati dalla Babilonia (538 a. C.) è aperto alla sintesi dei diversi pensieri religiosi, ciò fa sì che, il suo messaggio, faccia da modello all’odierna interpretazione della vita religiosa e sociale. L’autentica vita religiosa si esprime soprattutto nel rispettare le norme morali e non soltanto nell’osservare il digiuno senza la pratica della giustizia sociale. Il digiuno è il modo di entrare in relazione con Dio, però non serve a niente, se l’uomo rimane nei propri peccati. Il digiuno accompagnato da atteggiamenti ostili verso i membri piú deboli della società, è inutile. Perciò, il profeta invita il popolo eletto, alla pratica della giustizia sociale perchè da essa dipende il possesso della terra (la salvezza).
The Biblical Annals
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1995
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vol. 42
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issue 1
27-43
PL
II tema del presente articolo è nato dalla riflessione sul messaggio dei profeti dell’ VIII sec. a. C: Amos, Osea, Michea ed Isaia. Essi, avendo un altissimo senso della giustizia di Dio e valore dei rapporti umani non hanno potuto accettare l’immoralità e l’ingiustizia che pesavano sulla società israelitica. La loro critica contro la falsa coscienza investe innanzitutto il campo della pietà e del culto. I testi dei profeti riguardanti il problema del culto, suonano come una radicale condanna dell’attività cultuale di Israele. Il culto che fedeli e sacerdoti rendono a Dio nei santuari tradizionali, lungi dall’essere atto di fede, costituisce una colpa che attira la condanna di Jahvé. La loro critica è diretta contro le forme del culto israelita. Nei loro oracoli viene costantemente messo in evidenza, in senso negativo, lo zelo eccezionale che i fedeli dimostrano nella celebrazione del culto. Tutto questo fa pensare ad una ostentazione di pietà, ad un atteggiamento ipocrita da parte di persone che danno valore assoluto alle forme e nascondono cosí il vuoto religioso. I profeti dell’ VIII sec. a. C. non si limitano agli aspetti formali, ma vanno alla sostanza: sono i riti, le liturgie, il culto stesso nella sua realtà oggettiva che loro condannano nel nome di una visione della fede, nel nome di una nuova religione fatta non di esteriorità ma di contenuti, vissuta nell’impegno e nella carità. La critica profetica delle deviazioni del culto non è solo descrittiva, ma anche normativa. Un vero culto implica una vita rinnovata, la fede implica rapporti nuovi. Infine, non è la ricchezza del culto che rende la fede autentica. I profeti presentano le richieste positive nei confronti del popolo d’Israele e di Giuda: „Cercate il bene non il male se volete vivere” (Am 5, 14). In questa frase è contenuto l’insieme di tutta la religiosità morale del popolo eletto. Il messaggio profetico vive nella misura in cui è recepito come una realtà viva attuata da uomini che lo incarnano, lo fanno proprio, nella misura cioè in cui è assimilato. Il messaggio dei profeti non è solo una parola che si ascolta, un giudizio che si accoglie in tutta la serietà e la sua dimensione d’assolutezza, è un messaggio con cui si dialoga, di cui si rivivono le istanze, le intuizioni, con cui ci si situa in relazione, spesso in tensione.
The Biblical Annals
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1999
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vol. 46
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issue 1
21-35
PL
Nel libro di Gioele l’effusione dello Spirito di Dio é messo in relazione al Giorno del Signore. Quel Giorno é un avvenimento che succedera nel futuro e che si realizzera nella teofania di Dio e nella distruzione dei nemici.
The Biblical Annals
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1998
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vol. 45
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issue 1
17-35
PL
La chiave interpretativa dell’oracolo contro Israele (Am 2, 6-16) sta nell’estrema gravita dei peccati del popolo eletto. II profeta Amos denuncia gli atti contro la giustizia. Si tratta di atti di carattere simbolico il cui scopo e svelare le radici dei peccati d’Israele e la natura del malo. Tutto questo si fa usando il metodo del’analisi retorica.
The Biblical Annals
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2001
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vol. 48
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issue 1
37-52
PL
II nucleo originale del libro di Amos sembra essere stato costituito dalia raccolta delle sue visioni. II numero di cinque, suddivise in tre gruppi, sono attualmente contenute nel’ultima parte del libro: le prime tre al capitolo 7, la quarta al capitolo 8, la quinta al capitolo 9. Le prime tre visioni sono costruite secondo lo stesso schema. Iniziano con una formula identica: „Ecco quello che mi ha fatto vedere il Signore Jahvè”. La rivelazione e dunque data dall’oggetto o dalla realtà che il profeta vede. Nella prima di queste rivelazioni 1'oggetto e molto semplice: si tratta del formarsi di uno sciame di cavallette che invade la campagna. L'oggetto della seconda e piu difiicile da definire: si tratta di un Aipęp che divora il territorio di Israel|ij;fuoco di tale portata che prosciuga anche l’abisso primordiale. Alla vista di questi fenomeni Amos intercede per Israele e la minaccia espressa dalla visione non si effettua. La terza visione si distingue dalle precedenti. Il profeta non è solo posto in presenza di un oggetto, ma viene interrogato da Dio su ció che vede. Si parla di un oggetto di misurazione (filo a piombo, livello), di un uomo e di un muro. I’interpretazione più probabile è che si tratti della misurazione del muro stesso da parte di uno sconosciuto. Amos vedrebbe insomma qualquno intento a controllare la perpendicolarità da un muro con uno strumento quale il filo a piombo. Amos non intercede più per il popolo ma tace di fronte alla sentenza di condanna. La quarta visione riprende lo schema della terza visione. Il profeta si trova in presenza di un oggetto, in questo caso un cesto di frutta, e viene interrogato da Jahvè con la già nota domanda: „Chi vedi?”. II senso della visione è espresso in questo caso nel gioco di parole tra i termini „maturo” e „fine”. La quinta visione costituisce invece un caso a sè. Il profeta si trova in presenza di Jahvè stesso nel tempio, in vicinanza dell’altare; il tempio viene colpito dal terremoto e sembra precipitare su tutti i presenti uccidendoli. Alla distruzione del tempio fa seguito un ampio oracolo in cui Jahvè illustra il signifcato di questa condanna.
The Biblical Annals
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2000
|
vol. 47
|
issue 1
63-79
PL
I profeti erano condizionati dalla loro idea su Dio, da un’educazione religiosa, tradizioni, verità di fede, trasmesse nell’ambito della famiglia, della tribù, del culto e delle grandi feste. Essi hanno riscoperto Dio nel corso della loro vita, ciascuno a seconda delle circostanze. I profeti Amos, Osea, Geremia e Deuteroisaia rappresentano diversi modi di conoscere e sperimentare Dio: Amos attraverso la giustizia, Osea attraverso l’amore e il perdono, Geremia attraverso l’aiuto ricevuto da Dio nelle difficoltà della vocazione e Deuteroisaia tramite le opere della creazione.
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