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Prawo Kanoniczne
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1997
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vol. 40
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issue 1-2
175-200
PL
L’Autore tratta prima dell’origine divina dei matrimonio, degli elementi che determinano la sua natura (la diversità di sesso, il «consortium» di tutta la vita, l’unità, L’indissolubilità), la sua finalità (il bene dei coniugi, la procreazione e l’educazione della prole, il bene della società) e l’atto con cui viene istaurata una concreta comunità coniugale (ossia il consenso matrimoniale), per rilevare che tutti questi elementi - che possono apparire separati о facilmente separabili - assumono una organica unicità nel concetto dell’amore coniugale. Questo concetto, centrale e fondamentale nella dottrina teologica conciliare e postconciliare, abbraccia, spiega e pone nella giusta luce quanto e stato riferito in precedenza. Di conseguenza, l’А. dedica la parte principale della trattazione proprio al concetto dell’amore coniugale, rilevando che: 1. esso trova la sua sorgente ed immagine nell’amore di Dio; 2. tutti gli elementi essenziali dei matrimonio, dei quali si e parlato all’inizio, sono esigenze intrinseche del vero ed autentico amore coniugale; 3. si tratta dell’amore essenzialmente volitivo; 4. il consenso matrimoniale, per essere veramente un patto d’amore, deve contenere in se un vero obbligo d’amore senza limiti e senza riserve, il quale obbligo quindi non puo venire meno a causa dell’infedelta di uno o di entrambi i coniugi oppure a causa di qualche insuccesso; 5. tale obbligo d’amore non e facile e perció richiede grandezza d’animo, spirito di sacrificio, prontezza nell’accettare la croce. In seguito vengono delineati i principali presupposti antropologia del diritto matrimoniale canonico, che pongono in ulteriore luce il concetto dell’amore coniugale. L’uomo, da una parte, ha una vocazione divina e soltanto in Dio trova la propria realizzazione; dall’altra parte invece e ostacolato, nell’attuazione di questa vocazione, dalle resistence della propria concupiscenza, percio diviso in se stesso; pero egli e salvato dalle sue debolezze mediante lo Spirito di Cristo. In questa prospettiva si colloca anche il matrimonio. Esso quindi non puo essere considerato nullo a causa di difetti psichici che rendono difficile la convivenza coniugale o di riduzioni che la persona sperimenta a motivo dell’influsso dell’inconscio nella vita psichica ordinaria, e tanto meno a causa delle deficienze di ordine morale. L’ultimo oggetto della trattazione e la sacramentalità del matrimonio di due battezzati. L’A. sottolinea che la realtà del matrimonio naturale diventa sacramento in forza del battesimo, nonché spiega che cosa concretamente comporta questo inserimento del matrimonio nell’evento della salvezza, ossia la sacramentalità del matrimonio. Nella conclusione l’А. rileva come detti principi teologia postulano e aiutano a comprendere le norme di diritto canonico matrimoniale, sostantivo e procedurale.
Ius Matrimoniale
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1999
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vol. 10
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issue 4
153-180
EN
La relazione riproduce praticamente quella scritta dall’Autore in lingua italiana Principi ispiratori del libro VII del CIC, in AA. VV., I giudizi nella Chiesa. II processo contenzioso e il processo matrimoniale. XXIV Incontro di Studio Villa Luzzago - Ponte di Legno, 30 giugno - 4 luglio 1997 („Quaderni della Mendola”, vol. 6), a cura del Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico, Edizioni Glossa, Milano 1998, 9-33. Nella prima parte vengono descritti tre principi fra quelli fondamentali: 1. La centralità della potesta giudiziaria del Papa e del Vescovo diocesano, che determina tutte le strutture giudiziarie della Chiesa; 2. La centralità del concetto della certezza morale per tutta la dinamica processuale, e in modo particolare per la fase probatoria e discussoria; 3. La spiccata preferenza delle soluzioni stragiudiziali dei conflitti, postulata dalla natura stessa della Chiesa. La seconda parte invece espone i seguenti altri principi ispiratori, che comunque sono fra quelli di grande importanza: 1. La sostanziale uniformità della legge processuale, ossia la scarsa applicazione dei principio di sussidiarietà, richiesta dalla struttura della potestà nella Chiesa, e soprattutto dal potere del Romano Pontefice in materia giudiziaria; 2. La possibilità dell’esercizio comune della potesta giudiziaria al livello delle Chiese particolari, ossia di erigere i tribunali interdiocesani; 3. La procedura chiara, breve, semplice, che tende a rendere più spedita la trattazione delle cause, non però meno seria e meno critica; 4. La centralità del processo contenzioso ordinario, da applicare sostanzialmente nelle cause tipiche dell’ordinamento canonico, 5. La procedura sostanzialmente scritta, che mira ad ottenere una giustizia più sicura; 6. La pubblicità del processo verso le parti, invece la segretezza, anche se non assoluta, verso gli altri. Nella conclusione l'A. rileva che la norma del can. 1752, secondo cui „la salvezza delle anime [...] deve sempre essere nella Chiesa suprema legge”, era presente nell’imprimere nel diritto processuale canonico i principi esposti, e che detti principi come pure tutte le norme processuali devono essere interpretate alla sua luce.
Ius Matrimoniale
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1998
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vol. 9
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issue 3
9-43
EN
Dopo alcune osservazioni circa l’imperfetta formulazione del can. 1608 § 1 e il suo significato alla luce della storia, nonchè circa il § 4 del modesimo canone in riferimento alle cause matrimoniali, l'A. sottolinea fortemente l’originalità del concetto canonico-processuale della certezza morale (sia in confronto agli ordinamenti statali, sia in confronto con il concetto della certezza morale adoperato dai filosofi, sia infine in confronto con la certezza richiesta seconde i principi della teologia morale) e delinea l’elaborazione storica di questo concetto nonchè la sua conferme da parte di Giovanni Paolo II. In seguito vengono trattati: a) il concetto della certezza morale canonica che esclude la „probabilità”; non invece la „possibilità” del contario, ossia si pone fra la certeza assoluta e la probabilità b) l’oggettività di tale certezza, in quanto essa si deve basare su motivi oggettivi addotti e discussi nel processo; c) l’oggetto della certezza morale canonica, che deve riguardare sia la legge materiale da applicare sia la realtà dei fatti da provare; d) la necessità e suffidenza della certezza morale: l'A. si sofferma soprattutto sull’asserzione di                 Pio XII, seconde cui la prodenza può consigliare al giudice di non accontentarsi dei minimo grado della certezza morale; ma di ricercare un grado maggiore e al riguardo nota una certa relativite del „dubbio prudente” che dipende sia dalla natura dell’oggetto da provare e dalla sua attitudine di essere provato sia dalla gravita della materia; e) la strada per arrivare alla certezza, morale, ossia: la qualità personali del giudice e la sua preparazione, l’impegno nell’osservare la legge processuale, lo sforzo nel valutare le prove secondo la cosdenza, e infine la collaborazione di tutti i partecipanti al processo in ordine al conseguimento, da parte del giudice, della certezza morale; f) due questioni particolari concernenti rispettivamente:                  la certezza morale che risulta da una quantità di prove che prese singolannente non sono in grado di fondarla, e i conflitti tra il formalismo giuridico e il libero apprezzamento delle prove. Nella conclusione viene rilevato il valore del concetto della certezza morale: „È il criterio realistico, in quanto rispetta i limiti dell'intelletto umano, e altresi generosamente rispettoso, ansi esigente, verso la verità. È un criterio che rispecchia prudenza e ragionevolezza”. Inoltre l'A. indica in questo concetto fondamentale del processo canonico anche „una importante ed appropriata chiave di lettura e di interpretazione delle norme processuali: esse devono essere interpretate in modo che realmente servano a rendere si cura la ricerca della verità oggettiva, ossia a conseguire la certezza morale autentica, cioè oggettivamente fondata”.
EN
The article is a philosophical-theological reflection on the relationship between freedom and truth. The author, using familiar texts as a background, especially documents of contemporary Popes, presents original and personal thoughts on the topic. The author attempts to assert that an honest attitude towards truth is a condition of freedom.
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2017
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vol. 9(45)
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issue Numer specjalny
11-21
PL
Nie wystarczą nawet najlepsze studia pedagogiczne, jeżeli w procesie formowania młodego pokolenia zabraknie autentycznej miłości do wychowanka. Jest ona najskuteczniejszym narzędziem wychowawczym i włącza wychowanie w istotny nurt życia chrześcijańskiego, jakim jest realizacja miłości. Tej miłości nie można się nauczyć poprzez wykłady czy kursy, lecz trzeba ją nieustannie kształtować we własnym sercu. By wychowanie formowało zdrowe osobowości, miłość do wychowanka musi było złączona z wyznawaniem i przekazywaniem obiektywnych wartości, zakorzenionych w naturze człowieka. Dlatego za największą trudność obecnie dla pracy wychowawczej uważam panoszący się wszędzie relatywizm etyczno-moralny, negujący istnienie prawdy obiektywnej. Benedykt XVI mówił o „dyktaturze relatywizmu” we współczesnym świecie, a papież Franciszek nazwał go „rakiem społeczeństwa”. Myśl i działalność pedagogiczna bł. Edmunda Bojanowskiego (1814-1871) jawi się w tym względzie jako wzór i inspiracja dla dzisiejszej działalności wychowawczej.
EN
The best pedagogical studies will not help in the process of formatting the young generation if the authentic love to a student will not be present. It is the most effective teaching tool and it puts the upbringing into the important path of Christian life which realization of love is. You cannot learn this love at various classed or during special courses, it has to be continuously shaped in your own heart. In order for the education to format healthy people, the love to a student has to be united with the creed and transmission of objective values, deeply rooted into the nature of a human being. Thus, today, I consider the widespread ethical and moral relativism, which negates presence of the objective truth as the most difficult obstacle in the pedagogical work. Benedict XVI was talking about “dictatorship of relativism” in today’s world, while Pope Francis called it as the “cancer of a society”. Thoughts and pedagogical activities of Bl. Edmund Bojanowski (1814-1871) in this matter are the example and inspiration for today’s pedagogical activities.
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