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"Meliseus" di Giovanni Pontano e "Phyllis" di Jacopo Sannazaro sono esempi delle ecloghe epicediali. L’ecloga "Meliseus a quo uxoris mors deploratur" di Pontano fu scritta circa un anno dopo la morte di Adriana Sassone, la moglie del poeta. Gli interlocutori, Ciceriscus e Faburnus, parlano della triste sorte di Meliseus (l’alter ego di Pontano) che perse l’amata moglie, Ariadna. Il vedovo abbandona la sua famosa zampogna e si nasconde in una grotta buia per aspettare la propria morte. La natura, sebbene anch’essa venga gravamente colpita dalla morte di Ariadna e soffra assieme a Meliseus, alla fine riesce a consolare l’infelice Meliseus e incoraggiarlo a riprendere l’abbandonata zampogna. La situazione è simile nell’ecloga "Phillis" di Jacopo Sannazaro, la prima delle "Eclogae piscatoriae", i cui protagonisti sono pescatori napoletani. Lycidas, il fidanzato di Phyllis, la ricorda nel giorno dell’anniversario della morte. Come Meliseus dell’ecloga di Pontano, soffre dopo la morte dell’amata e si distacca dal mondo, ma riesce a trovare la consolazione e il nuovo senso della vita nella poesia e nei viaggi marittimi. Inoltre, nell’ecloga "Phyllis" svolge un ruolo importante il sepolcro della morta, diventato un luogo di culto.
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