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EN
The article presents the results of research on linguistic reduplication in Vigatese, the literary language invented by writer Andrea Camilleri. This is an aspect of Camilleri’s storytelling that is often noted by scholars but that has not yet received a dedicated study. The research is conducted on the corpus of 101 texts starring Salvo Montalbano—composed of 29 novels and 72 short stories published between 1994 and 2020—within which about 300 different reduplication forms and more than 2,200 total occurrences have been recorded. Here, the data on the expressive reduplication with adjectives are given: 64 forms with 379 total occurrences analysed for different literary scales, at sentence level and paragraph level. The collocations within the corpus, the possible spelling variations, and whether the use is in mimesis or diegesis are restored. The methodological approach is of a mixed-methods nature: a digitally assisted text analysis (DATA) following the concept of scalable reading (Mueller, 2014) follows the traditional close-reading analysis. A second analysis of the data on the diegetic and mimetic axis was carried out. The results obtained were then used for a data-driven comparison conducted on the corpus of all of Giovanni Verga’s narrative works. These initial results show that three out of every four reduplications are a diegetic recurrence. Despite the extensive use of mimesis in the texts, the true orality of Camillerian storytelling seems to reside elsewhere. This research is part of a broader study of all narrative texts under the general hypothesis that the formal equivalents of the writer’s popularity are to be found in the repetitiveness that was originally, and perhaps too hastily, criticised.
IT
Il contributo presenta i risultati di una ricerca sulla reduplicazione linguistica in vigatese, la lingua letteraria inventata dallo scrittore Andrea Camilleri. Un aspetto, questo, della narrazione camilleriana spesso rilevato dagli studiosi, ma che non ha ancora ricevuto uno studio dedicato. Viene riportata parte dei dati della ricerca condotta sul corpus dei 101 testi con protagonista il commissario Salvo Montalbano – composto da 29 romanzi e 72 racconti pubblicati tra il 1994 e il 2020, entro cui sono state registrate quasi 300 differenti forme reduplicative con più di 2.000 occorrenze totali. Si presentano i dati sulla reduplicazione espressiva con aggettivi: 64 forme impiegate dall’autore con 379 occorrenze totali – analizzate per differenti scale letterarie, al livello della frase e al livello del paragrafo. Vengono restituite le collocazioni entro il corpus cartaceo, le varianti ortografiche e se l’impiego avviene mimeticamente o diegeticamente. L’approccio metodologico è di natura "mixed methods": a una tradizionale analisi di "close reading" segue una "digital assisted text analysis" (DATA) seguendo il concetto di "scalable reading" (Mueller, 2014). È stata operata una seconda analisi dei dati sull’asse diegetico/mimetico. I risultati ottenuti sono stati quindi impiegati per una comparazione "data driven" condotta sul corpus di tutte le opere narrative di Giovanni Verga. I risultati mostrano che tre volte su quattro le reduplicazioni sono una ricorrenza diegetica. Nonostante il largo ricorso alla mimesi nei testi, la vera cifra dell’oralità dello "storytelling" camilleriano sembra risiedere altrove. La ricerca rientra in uno studio più ampio di tutti i testi narrativi sotto la generale ipotesi di ricerca che i corrispettivi formali della popolarità dello scrittore siano da individuare nella ripetitività criticata in origine, forse troppo frettolosamente.
EN
The present study aims to highlight two survival strategies in the “inferno of the living” that emerge from the analysis of Invisible Cities: lightness and gaze. The value of lightness is visible in the “thin cities”, which share a fragile architecture, the contrary reaction opposing the heaviness of living, the distance from the ground. “The hidden cities”, in turn, provide the motive for a reflection (a lecture) on gaze, with the aim of training the gaze to “recognize that which is not hell”: the happy city inside the unhappy city. In Invisible Cities, Calvino’s gaze still has an ethical and civic function (present in The Day of a Scrutineer). This function, however, will give way to the epistemic and scientific function of Mr. Palomar (from The Cosmicomics onwards), whose eye is exclusively concerned with measuring the limits of knowledge, which never extends, in a revealing way, from the natural world to the human world. Thirty years after Calvino’s death, amongst the many legacies left by his multifaceted literary work, we can recover the ethical and civic dimension expressed by the values of lightness and gaze.
IT
Il presente studio vuole mettere in evidenza due strategie di sopravvivenza nell’“inferno dei viventi” che emergono dall’analisi de Le città invisibili: la leggerezza e lo sguardo. Il valore della leggerezza trova visibilità nelle “città sottili”, accomunate da un’architettura esile, dalla reazione contraria e opposta al peso del vivere, dalla distanza dalla terra. “Le città nascoste”, a loro volta, offrono lo spunto per una riflessione (lezione) sullo sguardo, al fine di educarlo a “riconoscere ciò che inferno non è”: la città felice contenuta nella città infelice. Ne Le città invisibili, lo sguardo di Calvino è ancora portatore di una funzione etico-civile (presente ne La giornata di uno scrutatore), che lascerà il posto (dalle Cosmicomiche in poi) a quella scientifico-epistemica di Palomar, il cui occhio è intento esclusivamente a misurare il limiti della conoscenza, che non si estende mai, in modo rivelatore, dal mondo naturale a quello umano. A trent’anni dalla morte di Calvino, tra le numerose eredità che la sua poliedrica opera letteraria ci lascia, possiamo recuperare una dimensione etico-civile, espressa dai valori della leggerezza e dello sguardo.
IT
Nel novecento italiano spiccano scrittori nella cui opera la letteratura si è aperta ad altre discipline, come la scienza, la psichiatria, la teologia. In questo articolo si descrive lo scambio tra saperi attraverso l’immagine dei varchi, portando l’esempio di Primo Levi (nel varco tra letteratura e scienza) e Alda Merini (nel varco tra letteratura, follia, spiritualità). Se da una parte nella vita degli scrittori il varco è vissuto come spaccatura, dall’altra troviamo nella loro opera una fusione di saperi e linguaggi diversi, che concorrono a una rappresentazione più ampia della natura e dell’uomo.
PL
We włoskiej literaturze XX wieku szczególnie wyróżniają się pisarze, w których twórczości literatura otwiera się na inne dyscypliny, takie jak nauka, psychiatria, teologia. W niniejszym artykule, używając metafory przejścia przedstawiona zostaje wymiana zachodząca pomiędzy różnymi dziedzinami wiedzy na przykładzie Primo Leviego (przejście między literaturą i nauką) i Aldy Merini (przejście między literaturą, szaleństwem i duchowością). O ile z jednej strony w życiu pisarzy tego typu przejście odczuwane jest jako pęknięcie, z drugiej – odnajdujemy w ich twórczości zespolenie różnych dziedzin wiedzy i języków, które przyczyniają się do pełniejszego zrozumienia natury i człowieka.
EN
For twenty years, a large number of works have been devoted to studying the inclusion of literature in space and the representation of places in literary texts. This interest in space issues seems to fit in both the evolution of literary genres, characterized by an increasing spatialization of narrative forms, and the development of artistic practices related to the creation of literary maps. After what has been termed the spatial turn in literary and cultural studies, critics have focused their attention on the relationships among space, place and mapping in literature. This aspect is one of the most interesting themes in the field of Geocriticism. This paper aims to study this “convergence” between literature and cartography, examining the textuality of literary maps and, in particular, their rhetorical dimension. Literary maps can represent the story setting, allowing the author to build a fictional world that readers explore with the characters.
IT
Nell’ultimo ventennio, un numero importante di lavori sono stati consacrati allo studio della rappresentazione dello spazio nei testi letterari. Tale interesse sembra inscriversi sia nell’evoluzione dei generi, caratterizzati da una spazializzazione crescente delle forme narrative, sia nello sviluppo di pratiche artistiche legate alla creazione di carte letterarie. In seguito all’affermarsi dello spatial turn negli studi letterari e culturali, parte della critica ha focalizzato la sua attenzione sulla relazione che intercorre tra spazio immaginario, spazio referenziale e pratica cartografica. Quest’ultimo aspetto costituisce uno dei temi più interessanti della metodologia geocritica. Il presente articolo mira a studiare questa “convergenza” tra la letteratura e la cartografia, con l’intento di esaminare la testualità delle carte letterarie e, in particolare, la loro dimensione retorica. Le carte letterarie sono in grado di rappresentare i luoghi in cui si svolge l’azione di un romanzo, o di più romanzi, permettendo allo scrittore di costruire un mondo immaginario che i lettori esplorano assieme ai personaggi.
EN
Mimesis as a theoretical and literary term was already formed in antiquity. Attempts to define it have already been made by Plato in his dialogues, while it was only Aristotle in his congenial Poetics who formulated this topic in a way that became the basis for scientific discussions and inquiries, many of which continue to this day. Mimetic creativity dominated art for hundreds of years, reaching the peak of popularity at the turn of the 19th and 20th centuries (although earlier trends emerged and functioned that almost programmatically turned away from this creative path; an example could be art from the Romantic era with all its mystical aspects). In the 20th century, art began to change very dynamically, in a way following the incredibly fast industrial and technological development in Europe and around the world. This, in turn, resulted in the dynamic development of new trends, new ways of thinking about art.
IT
La mimesi come termine teorico e letterario si è formata già nell'antichità. Tentativi di definirlo sono già stati fatti da Platone nei suoi dialoghi, mentre fu solo Aristotele nella sua congeniale Poetica a formulare questo argomento in modo tale da diventare la base di discussioni e indagini scientifiche, molte delle quali continuano ancora oggi. La creatività mimetica ha dominato l'arte per centinaia di anni, raggiungendo l'apice della popolarità a cavallo tra il XIX e il XX secolo (sebbene siano emerse e funzionassero tendenze precedenti che quasi programmaticamente deviassero da questo percorso creativo; un esempio può essere l'arte dell'era romantica con tutti suoi aspetti mistici). Nel XX secolo, l'arte ha iniziato a cambiare in modo molto dinamico, seguendo lo sviluppo industriale e tecnologico incredibilmente rapido in Europa e nel mondo. Questo, a sua volta, ha portato allo sviluppo dinamico di nuove tendenze, nuovi modi di pensare l'arte.
EN
Miglietta’s work insists on qualities of texts by Italian rapper, Caparezza. Because of the use he does with the language, it is pretty hard to find for him and for his songs a unique definition. The conceptual premise of the work in question is that the rapper from Molfetta represents something other than what we have heard up in Italy to this moment, and that we can compare him and his rhymes to poetry lines. The vocabulary is what probably most distinguishes Caparezza from the surrounding environment. An important part of his lexicon is joined to literature and the literary samples represent another indication of the specificity of Caparezza's work compared to most Italian rappers. The rapper from Molfetta makes use of literary quotations in abundance and in a meaningful way, without relegating himself to a fashion quotation. He quotes for example in his texts Quasimodo, Leopardi, Manzoni, Dante Alighieri and some of his songs are directly inspired by writers (i.e. Dickens, Canzone a metà). In Italy he belongs to a kind of rap that we can call “intellectual”, or PhD rap, which has some similiarities with Polish intelingentny rap.
PL
Książka Annarity Miglietty (Sulla lingua del rap italiano. Analisi quali-quantitativa dei testi di Caparezza. Firenze 2019) kładzie nacisk na artystyczne walory tekstów włoskiego rapera Caparezzy. Ze względu na to, jak muzyk używa języka, trudno jest znaleźć dla niego i jego piosenek jakąś unikalną, ogólną definicję. Konceptualnym założeniem omawianej monografii pozostaje fakt, że ukazuje ona dokonania rapera z Molfetty jako novum – praktykę odmienną od wszystkiego, co do tej pory słyszeliśmy we Włoszech. Miglietta przekonuje, że możemy artystę i jego „rymy” porównać do technik obecnych w wielu wierszach lirycznych. Słownictwo jest bez wątpienia tym, co najbardziej odróżnia Caparezzę od innych twórców gatunku. Ważna część jego dokonań odsyła do kulturowej tradycji, a „literacki” charakter dzieł stanowi kolejny przejaw specyfiki twórczej Caparezzy, różniący go od wielu innych włoskich raperów. Muzyk z Molfetty często i w znaczący sposób wykorzystuje literackie cytaty, nie sprowadza ich jednak do „modnego gestu”. Cytuje w swoich tekstach fragmenty dzieł m.in. Quasimodo, Leopardiego, Manzoniego, Dantego Alighieri, a niektóre z jego piosenek są szeroko i bezpośrednio inspirowane dokonaniami wielkich pisarzy (np. Dickensa).
IT
Il lavoro di Miglietta insiste sulla qualità dei testi del rapper italiano Caparezza. A causa dell'uso che egli fa del linguaggio, è piuttosto difficile trovare per lui e per le sue canzoni una definizione univoca. La premessa concettuale dell'opera in questione è che il rapper di Molfetta rappresenti qualcosa di diverso da quello che abbiamo sentito in Italia fino a questo momento, e che possiamo paragonare lui e le sue rime a versi di poesia. Il vocabolario è ciò che probabilmente distingue maggiormente Caparezza dall'ambiente circostante. Una parte importante del suo lessico è legata alla letteratura e i samples letterari rappresentano un'ulteriore indicazione della specificità dell'opera di Caparezza rispetto alla maggior parte dei rapper italiani. Il rapper di Molfetta fa uso di citazioni letterarie in abbondanza e in modo significativo, senza relegarsi a un citazionismo alla moda. Cita ad esempio nei suoi testi Quasimodo, Leopardi, Manzoni, Dante Alighieri e alcune sue canzoni sono direttamente ispirate agli scrittori (es. Dickens, "Canzone a metà"). In Italia appartiene a un tipo di rap che possiamo chiamare “intellettuale”, o PhD rap, che ha alcune somiglianze con il rap "inteligentny" polacco.
IT
Il testo è un tentativo di presentazione dell'estetica di Pirandello come sofisticata eredità dell'estetica delle rovine nella tradizione italiana, di cui Giovanni Battista Piranesi ne fu un grande rappresentante. Così, come afferma Umberto Eco, attraverso l’estetica è possibile osservare il cambiamento radicale del concetto di perfezione formale e completezza di un’opera d’arte nella scrittura del drammaturgo italiano. Inoltre, l’estetica permette di far provare piacere pur rappresentando la distruzione. La citazione di Diderot, in cui il filosofo francese sostiene che una bozza possa essere più bella di un dipinto già completato, poiché in esso vi è più vita e meno forma, potrebbe fungere da importante via interpretativa per l’opera di Pirandello. Così, una bozza diventa più interessante di un’opera finita. La letteratura ha il controllo sulla forma, e dunque sul linguaggio, ma come dimostra Pirandello, la letteratura è una fredda istituzione incapace di contenere il calore e il palpito della vita che sempre sfugge alla giurisdizione letteraria. L’opera di Pirandello è dunque un episodio importante nella storia del razionalismo occidentale, che critica i tentativi falliti della storia di costruire un mondo secondo i principi del funzionamento della razionalità e del buon senso.
EN
The essay attempts to present Pirandello’s esthetics as an heir of Piranesi’s esthetics of the ruin. As Umberto Eco claims, a turn towards fragments allows for abandoning the idea of the work of art as an accomplished whole, what is more, it locates the esthetic pleasure in a contemplation of a whole destroyed and fragmented. Thus, a draft becomes more interesting than a finished work. Literature holds control over form, that is over language, but – as Pirandello demonstrates – literature is a cold institution unable to contain the warmth and pulsation of life which always slips out of literature’s jurisdiction. Hence Pirandello’s work is an important episode in the history of Western rationalism and aims its critical edge against the failed attempts to construct a world according to the working principles of rationality and common sense.
PL
Szkic pragnie przedstawić estetykę Pirandella jako finezyjne dziedzictwo estetyki ruin, której świetnym przedstawicielem we włoskiej tradycji był Giovanni Battista Piranesi. Pisze o tejże estetyce Umberto Eco, że to, co dostrzegamy w pisarstwie włoskiego dramaturga: „zmienia ona radykalnie koncepcję doskonałości formalnej i całkowitości dzieła sztuki”, co więcej – „dopuszcza znajdowanie przyjemności w dziele sztuki mimo tego (a może dzięki temu), że przedstawia ono zniszczenie”. A wszystko sumuje na tej samej stronie cytat z Diderota: „dlaczego piękny szkic urzeka nas bardziej od skończonego obrazu? Bo więcej w nim życia, a mniej formy. Kiedy pojawiają się formy, zanika życie”. Ten sąd francuskiego filozofa mógłby posłużyć jako ważny szlak interpretacyjny dzieła Pirandella. Instytucja literatury sprawuje władzę nad formą, a więc i nad językiem. Ale jak wynika z rozważań Pirandella, literatura jest instytucją zimną. Litera nie jest w stanie utrzymać ciepła życia, racjonalność nie radzi sobie z „mętami” życia. A ponieważ historia powierza się literze, przechowuje się i przekazuje za jej pośrednictwem, przeto życie zawsze wymknie się z jej jurysdykcji. Dzieło Pirandella to ważny epizod w wielkiej historii zachodniego racjonalizmu, akcentujący to, iż historia to dzieje wysiłków, na ogół niezbyt udanych, do skonstruowania świata wedle zaleceń rozumności.      
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