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Verbum Vitae
|
2009
|
vol. 15
229-247
PL
San Paolo per descrivere la risurrezione dai morti di Gesù usa soprattutto il verbo “egeiro”. Raramente adopera il sostantivo “he anastasis”. Questo pero non vale per gl' inni che spesso non furono scritti dall’Apostolo stesso. Abbiamo notato che nei testi provenienti dalla liturgia battesimale (Rom 1,3-4; Ef 5,14) si usa i termini della stessa radice: “anistemi” e “he anastasis”. Mentre “egeiro” troviamo solo in Ef 1,17-23. Nell’inno Col 1,15-20 l’Apostolo ha usato la formula descrittiva per collegare la risurrezione dai morti di Gesù Cristo e quella universale: “il primogenito di coloro che risuscitano dai morti”- “prototokos ek ton nekron” (Col l,18b). Paolo usa anche le immagini metaforiche e della risurrezione. Lo fa usando i termini “esaltare oltremodo” – “hyperypsoo” (Fil 2,9) o “elevare” – “analambano” (1 Tm 3,16). Da questo ricco linguaggio scaturisce l'immagine della risurrezione di Cristo come l’opera di Dio (Rom 1,3-4), o piuttosto l’opera della potenza di Dio (Ef 1,17-23). Gesù è proprio colui che precede tutti i credenti nel ritornare alla vita – “il primogenito di coloro che risuscitano dai morti” (Col 1,15-20). Questa realtà e cosi ricca che può essere descritta come “l’esaltazione oltremodo” (Fil 2,6-11) del Figlio o addirittura “l’elevazione in gloria” (1 Tm 3,16). Tutte e due le espressioni nel senso teologico racchiudono la risurrezione, l’ascensione e il prendere il posto alla destra del Padre (cf. Att 2,33; 5,31; Rom 1,3-4; Ef 4,9-10; Col 3,1). La risurrezione dei morti acquista un nuovo significato nel contesto della liturgia battesimale (cf. Ef 2,1.5-6; Col 2,13). La partecipazione alla resurrezione di Cristo è possibile grazie al sacramento del battesimo (Ef 5,14) che non solo libera dal peccato originale ma anche permette di partecipare alla grazia di Dio.
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